top of page

Le politiche attive per il lavoro

Da anni molti governi ne parlano, ma in Italia le politiche attive per il lavoro sono spesso poche e mal realizzate. 

Se andiamo a vedere a quanto ammonta la spesa per aiutare i cittadini che perdono il lavoro in Italia e in Germania, scopriamo che entrambi i Paese spendono per questo fine poco meno del 2%.

 

In Italia, però, gran parte dei fondi stanziati finisce nelle cosiddette "politiche passive": ossia sussidi economici per chi si trova in difficoltà. In Germania, invece, quasi la metà della cifra viene spesa per "politiche attive": in altri termini, il disoccupato viene preso in carico dai servizi pubblici per l'impiego che si occupano di formarlo e di indirizzarlo per trovare un nuovo posto di lavoro.

 

Intendiamoci: i sussidi economici sono indispensabili per chi perde un lavoro. Ma non bastano. 

Non bastano innanzi tutto perché non sono eterni. E non bastano perché chi perde il lavoro non ha soltanto un problema monetario, ma anche sociale. Svegliarsi al mattino e non aver nulla da fare può essere piacevole inizialmente, ma può diventare terribile a lungo termine. 

Inoltre è interesse dello Stato (e quindi di tutti) che ogni cittadino possa contribuire alla crescita della Nazione con il proprio lavoro.

 

Politiche attive per il lavoro vuol dire ad esempio, corsi di formazione con l'obbligo di frequenza (pena la perdita del sussidio economico di disoccupazione) e riconversione di lavoratori verso settori che hanno un'offerta di lavoro più alta di altri magari in declino.

 

Uno dei problemi tipici del nostro Paese riguardo le politiche attive per l'occupazione è la mancanza di unità: infatti è un tema di competenza regionale, per cui, potremmo dire, "Regione che vai, politiche attive che trovi", o - alcune volte - che non trovi.

 

A questo proposito, la legge di Stabilità al momento in discussione in Parlamento prevede la nascita di un’Agenzia Nazionale per l’Occupazione, partecipata dalle Regioni e con il coinvolgimento delle Parti Sociali nella definizione delle linee di indirizzo, strumento già ampiamente utilizzato negli altri Paesi dell’area UE. 

La CISL chiede che non si tratti di una operazione di facciata e che l’Agenzia abbia un ruolo effettivo per garantire omogeneità e coordinamento delle politiche del lavoro.

Ma ciò non è sufficiente. E’ soprattutto necessario avviare un percorso di potenziamento delle risorse finanziarie, umane e strumentali che renda possibile una effettiva funzionalità dei servizi per l’impiego per la realizzazione di politiche attive del lavoro fruibili in ogni area del Paese.

 

E’ positivo l’approccio che punta al dialogo fra il sistema pubblico e privato, con l’attenzione che il ruolo del pubblico resti prevalente rispetto al governo dei processi. Le Agenzie private del lavoro dovranno beneficiare di un contributo pubblico graduato alle concrete azioni di ricollocazione. In tale contesto va previsto un fattivo coinvolgimento dei Fondi interprofessionali per gli aspetti formativi.

 

Ci auguriamo che questa sia davvero la volta buona: siamo stanchi di occuparci di come licenziare. E' ora di pensare a come garantire l'occupabilità di sempre più cittadini.

Articolo di Beppe CAPOZZOLO - Coordinamento Fiba Cisl Intesa Sanpaolo Torino e provincia

© 2014 creato dalla Fiba Cisl Intesa Sanpaolo Piemonte, Liguria e Valle D'Aosta

bottom of page